Pietro Sarcinella – Studio  Sant'Elmo Ginecologo Napoli
Vulvoscopia

La vulvoscopia consiste In un rilievo strumentale  dei genitali esterni. Tale ispezione è parte integrante dell’esame colposcopico e ne condivide indicazioni ed utilità

vulvoscopia

Si tratta di una colposcopia dei genitali esterni e del perineo. Le lesioni svelabili con l’esame vulvoscopico sono numerose: lesioni infettive, flogistiche, degenerative cutanee, lesioni preneoplastiche e neoplastiche.

La descrizione dei quadri vulvoscopici presuppone l’utilizzo di una terminologia più ricca e descrittiva. A tal fine al pari della scheda colposcopica per la descrizione delle lesioni vulvari si utilizza una scheda dedicata. La scheda vulvoscopica nasce dalla elaborazione di queste classificazioni con una descrizione più particolareggiata dei quadri osservabili. Mentre a livello cervicale il clinico ha a disposizione il pap test per meglio definire le lesioni cervicali, a livello vulvare la citologia non è di grande aiuto, per cui di fronte ad una alterazione morfologica si ricorrerà all’esame bioptico mirato, meglio se multiplo. Il prelievo bioptico, previa anestesia locale,può essere effettuato con appositi punch (Keye’s punch) di diversa misura, con le stesse pinze per biopsia cervicale,con ansa diatermica, o con il bisturi.

Vulvodinia

Un capitolo importante della patologia vulvare è rappresentato dal capitolo delle VULVODINIE,termine di derivazione greca che significa dolore vulvare

Patologie non identificabili con le vulvodinie

  • Vulvovaginite infettive (Candida, Trichomonas V., Herpes simplex, Herpes zooster, Batteri vari patogeni)
  • Vaginosi batteriche (Gardnerella, Anaerobi)
  • Vaginosi citolitiche (Doderlain in eccesso)
  • Lattobacillosi (Lattobacilli anaerobici non produttori di H2O2)
  • Impetigo
  • Vaginite infiammatoria desquamativa (Streptococco?, Tossine batteriche?,Disordini immunitari topici con colpite simile a quella da T.V.)
  • Condilomatosi (Papillomavirus)
  • Mollusco contagioso (Poxvirus)
  • Dermatiti da contatto acute e croniche (Sostanze varie)
  • Atrofia (Carenza estrogenica)
  • Fissurazioni traumatiche alla forchetta ed eritemi postcoitali (Trauma da coito con ipolubrificazione)
  • Psoriasi
  • Dermatite seborroica
  • Lichen simplex chronicus
  • Lichen planus
  • Lichen sclerosus
  • Iperplasia a cellule squamose
  • VIN e Neoplasie invasive
  • Malattie sistemiche con localizzazione vulvare (Malattia di Bechet, Sindrome di Reiter, Lupus ecc.)
  • VIN (Vulvar Intraepithelian Lesion)

Con questo termine si suole indicare una condizione di disconfort vulvare ad eziologia incerta, in cui sono rappresentati con varia intensità e spesso coesistenza i seguenti sintomi che interessano i genitali esterni femminili: bruciore, sensazione di irritazione,di disepitelizzazione,di secchezza vulvare, sensazione puntoria, pulsatoria, di tensione,stiramento e dolore. Questi sintomi possono essere condensati in un altro termine utilizzato dagli anglosassoni per tale patologia: DISESTESIA (vulvar dysesthesia), dove per disestesia si intende una alterata percezione degli stimoli esterni che in questo caso sono amplificati e generano una condizione di esasperata ipersensibilità. Si parla di vulvodinie quando questo corteo sintomatologico non è riconducibile a precise cause microbiologiche o ad altre note e ben inquadrabili patologie. In conclusione non si possono inquadrare come vulvodinia specifiche vulvovaginiti, o patologie come lichen e dermatosi note, anche se molti dei suddetti sintomi possono essere presenti. Spesso molte di queste patologie sono associate alla vulvodinia; per esempio le vulvovaginiti cicliche, inquadrate, in precedenza, come un particolare tipo di vulvodinia, sembrano avere un’ associazione con le candidosi. Questa associazione consiste nel fatto che la sintomatologia che inizia in occasione di vulvovaginiti recidivanti di candida, poi permane anche in assenza del micete. Si ipotizza che la condizione di flogosi ripetuta possa innescare un perpetuarsi della sintomatologia anche in assenza del patogeno. Tale teoria è coniugabile anche con altre noxe patogene sia infettive che di diversa natura. Si è anche ipotizzato che le terapie ripetute possano essere corresponsabili dell’origine delle vulvodinie. Questo è l’inquadramento dell’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) proposto nel congresso mondiale del 1999 a Santa Fe in New Mexico e riconfermata al congresso mondiale in Portogallo del 2001. Sempre secondo l’ISSVD la vulvodinia riconosce due forme: la VESTIBULITE VULVARE (vulvar vestibulitis) e la VULVODINIA ESSENZIALE (dysesthetic vulvodynia). ( In precedenza la forma di vulvodinia definita vulvovaginite ciclica, sopra menzionata,costituiva una classe a se stante. Questa forma comune di vulvodinia interessa il vestibo e si manifesta ciclicamente e più spesso durante la fase luteale in cui sembrerebbe più facile una reazione di ipersensibilità agli antigeni di Candida). La VESTIBULITE VULVARE è meglio definita con una condizione di dolore vulvare, elettivamente localizzato a livello vestibolare e che insorge dopo che tale area e sottoposta a stimoli. Il vestibolo vulvare è l’area compresa fra l’anello imenale internamente e la linea di Hart esternamente (giunzione squamomucosa), mentre superiormente è delimitata dal clitoride ed inferiormente dalla cute perineale della forchetta o fossa navicolare; in questa area hanno sbocco le ghiandole maggiori di Bartolino e di Skene e le ghiandole minori accessorie.

Fu Friedrich che nel 1987 evidenziò i criteri che caratterizzano ed identificano tale patologia:

1) Dolore acuto nella zona vestibolare conseguente a stimoli tattili o conseguente alla penetrazione vaginale (coito o tamponi);

2) Ipersensibilità alla pressione nella zona vestibolare ed accentuata maggiormente in punti particolari come gli sbocchi delle ghiandole del Bartolino e di Skene, la forchetta e clitoride;

3) Presenza di aree di eritema vestibolare diffuso, o localizzato in piccole aree (vestibulite focale) come unico, ma non sempre presente, segno di alterazione clinica alla ispezione.

Nella vestibulite il sintomo principale è il dolore conseguente alla penetrazione (dispareunia) o alla inserzione di tamponi, ma i fastidi sono conseguenti anche all’uso di bicicletta, moto, dopo jogging o,nei casi più gravi alla semplice deambulazione. Spesso dopo rapporti sessuali si manifestano fastidi urinari come disuria e bruciore (uretrite postcoitale) senza che vi siano segni di laboratorio deponenti per infezione urinaria. Nella vestibulite sono rare il prurito e le lesioni da grattamento essendo il dolore il sintomo principale che non permette il grattamento. Il test che si effettua per la diagnosi è lo swab test che consiste nel pressare con la punta di un cotton fioc specifici punti del vestibolo, azione che in caso di vestibulite provoca una netta sensazione algica. La sua insorgenza può conseguire ai primi rapporti sessuali (vestibulite primaria) o successivamente al cambio di partner, terapie fisiche vulvari, parti vaginali, e pregresse vulvovaginiti ricorrenti da candida (vestibulite secondaria). La localizzazione può interessare il vestibolo, in toto od in parte o elettivamente il clitoride (clitoridodinia) o la forchetta. I sintomi possono persistere per mesi o anni per poi scomparire spontaneamente o dopo terapia. La lidocaina, un anestetico, mitiga la sintomatologia nelle vestibuliti ma non nelle vulvodinie essenziali. La VULVODINIA ESSENZIALE è una condizione di iperestesia o esagerata sensibilità che interessa diffusamente tutta la vulva interessando spesso la cute perineale ed accompagnandosi a disturbi rettali ed uretrali. La sensazione di bruciore, prurito, pizzicore e meno frequentemente dolore, non è indotta e ben delimitata come nella vestibulite, ma è spontanea, sorda, continua con piccole remissioni (“spontaneous vulvar dysesthesia”). Il prurito, cui seguono lesioni da grattamento,ha spesso un inizio repentino il più delle volte non riferibile a precisi input. I sintomi sono paragonabili a quelli di una nevrite posterpetica o ad interessamento del nervo pudendo (pudendal neuralgia). Le pazienti interessate sono spesso in perimenopausa o menopausa, mentre nelle sindromi vestibolari l’età è generalmente inferiore. L’esame clinico non evidenzia alcuna lesione. I fastidi coitali non sono riferiti preminenti come nella vestibulite, e spesso vi è una diminuzione della libido.

Le vulvodinie frequentemente si accompagnano a disturbi psicologici, limitazione delle attività quotidiane, e disfunzioni sessuali con la necessità della sospensione dei rapporti sessuali e conseguenti ripercussioni nella relazione con il partner. L’assenza di segni obiettivi eclatanti e la eziologia sconosciuta non ha giovato a dare alle vulvodinie l’attenzione meritata, confinandola spesso ad una esclusiva malattia psicosomatca. Bisogna ricordare che la segnalazione di tali sindromi risale già nel 1880, quando Thomas IG in un lavoro sulle malattie femminili descrisse questa condizione di “ipersensibilità vulvare”, e successivamente considerata da altri clinici come Skene AJC nel 1889 e da Kelly HA nel 1928. Successivamente,dopo molti anni di oblio, in considerazione della crescente attenzione ed interesse, la ISSVD costituì un gruppo di studio che dal 1985 si occupa di vulvodinie. Pur rimanendo incerta una precisa eziologia, numerosi dati correlano le vulvodinie a diverse condizioni: 1) spesso conseguono a vulvovaginiti da candida recidivanti, anche se la ricerca del micete è negativa o con una carica tale da non giustificare la sintomatologia e senza i segni clinici classici della vaginite micotica. Si è ipotizzato che i fastidi siano riconducibili ad una ipereattività dell’organismo ad antigeni della candida, o che questa dia l’input ad una particolare reazione immunologica. Si creerebbe così una condizione simile alle infezioni da streptococco dove si innesca una reazione immunologica – autoimmunitaria tipica della malattia reumatica; 2) fattori genetici e razziali. Da studi epidemiologici le bianche caucasiche sono quelle più coinvolte nelle vulvodinie. L’età è compresa fra 20 e 60 anni e il livello socioeconomico è medio – alto.; 3) disordini immunitari; 4) neuropatie. Si è osservato che le terminazioni nervose sensitive, più rappresentate nella regione imenale, sono libere e non capsulate o amieliniche e pertanto maggiormente recettive; inoltre attorno a tali terminazioni sensitive coesiste una ipervascolarizzazione. Queste sono osservazioni che potrebbero giustificare la presenza di eritema (su base vasomotoria neurogena) spesso focale nelle vestibuliti e la iperestesia nella vulvodinia essenziale. Ricordiamo che nella innervazione della vulva sono coinvolti il nervo pudendo, l’ ileoinguinale ed i rami genitali del genitofemorale. A tal proposito alcuni autori ipotizzano che la iperestesia potrebbe essere causata anche da traumi sui plessi nervosi,conseguenti al parto o successiva a manovre chirurgiche ; 5) sostanze chimiche come farmaci ed eccipienti, additivi chimici, deodoranti, saponi, coloranti tessili ecc. possono essere causa di vulvodinie fungendo da irritanti o allergeni; 6) associazione con la cistite interstiziale (anch’essa ad etiologia incerta). In considerazione della comune embriogenesi del vestibolo dell’uretra e parte della vescica (entoderma) e della frequente associazione vulvodinia – cistite interstiziale si è ipotizzato uno stretto legame fra le due condizioni. Sembrerebbe che l’ossalato di calcio urinario, in eccesso, irriti la mucosa vescicale ed il vestibolo; 7) HPV. In considerazione che negli anni 80′ l’HPV era stato considerato come una possibile causa di vulvodinie e che in quegli anni si creò grande allarmismo nei confronti di quella entità, tardivamente riconosciuta come fisiologica e rappresentata dalle papille dell’introito vaginale, si diede vita ad uno “sterminio” di queste papille con diatermocoagulazioni e trattamenti laser CO2. La conseguenza di questi trattamenti fu quella di aggravare la sintomatologia delle vulvodinie, e ancor peggio instaurare ex novo tale sintomatologia, dove questa non era presente ( forse questa forma di vulvodinia iatrogena è ,per assurdo, l’unica di cui ne intuiamo una causa certa !!). Si menziona il papillomavirus solo per sottolineare che i dati di letteratura anche se scarni, non sono a favore della eziologia virale della vulvodinia, sia perchè non si tratta di un virus neurotropo, sia perchè il riscontro dell’HPV-DNA è irrilevante nella cute e mucose di pazienti affette da vulvodinia; 8) HSV. L’Herpes di tipo 1 e 2 , ma ancor più lo Zooster sono certamente neurotropi e pertanto possono determinare una neuropatia responsabile della vulvodinia; 9) Ormoni. Di frequente vi è un ritmo cronologico costante nella sintomatologia, per cui si invoca l’influenza ormonale nel suo determinismo. La cronobiologia,una branca della medicina che si occupa dei ritmi biologici dell’organismo (ritmi circadiani, mensili, annuali ecc.) potrebbe avere, a mio avviso un ruolo importante nella ricerca scientifica riguardo le vulvodinie. Si spera che la ricerca scientifica dia delle risposte che permettano un inquadramento più preciso di tale sindrome che interessa un numero sempre maggiore di donne.